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sabato 18 febbraio 2017

L’elefante di Carlo Magno


L’elefante di Carlo Magno
Articolo anonimo della serie “Gli animali celebri”
apparso sul mensile a fumetti francese Zembla
del 5 novembre 1981
illustrazioni di Daniel Colin
 
 
   Intorno all’800, un grosso pachiderma originario dell’Asia e arrivato in Europa dopo un lungo periplo, non era cosa comune. Bisogna quindi immaginare l’ammirazione terrorizzata che dovettero provare i sudditi di Carlo Magno, scoprendo che esistevano delle bestie così mostruose. Nell’assenza pressoché totale di informazioni venute dall’esterno, le popolazioni d’occidente inventavano e trasmettevano delle leggende.


   Carlo Magno, il nuovo sovrano d’Occidente, capì ben presto che un Re non poteva accontentarsi di avere la reputazione di essere un prode spirito di giustizia, ma che doveva colpire gli spiriti. Ebbe dunque l’idea di inviare al lontano califfo Haroun-al-Rashid – in Persia, tre delegati che dovevano chiedere per lui… un elefante! Un anno più tardi, arriva infine la notizia che l’animale, venuto specificatamente dalle Indie aveva traversato la Siria e attendeva sulla costa africana. Si invia una flotta, e meno di un mese dopo, il battello ancorava a Porto Venere, in Liguria. Il 20 luglio 802, l’elefante sfilava trionfalmente nella città di Aquisgrana.



   All’inizio del nono secolo, due sovrani dominavano il mondo: Carlo Magno che regnava in Occidente, Haroun-al-Rashid che controllava quasi la totalità del mondo arabo. Le sole ombre alla loro egemonia: L’imperatore di Costantinopoli e l’emiro di Cordova in Spagna. Si cercava di mostrar loro che l’asse Aquisgrana-Bagdag esisteva: dove scambi di ambascerie in gran pompa, portatrici di regali inauditi, di cui se ne parlava sia nei castelli che nelle capanne di paglia.
   Incuriosite, le cancellerie di Spagna e quelle del mondo ottomano si agitavano. I loro sovrani si interrogavano sul perché di queste manifestazioni reciproche di prestigio e divennero così sia prudenti che accomodanti.
   L’elefante gigante venuto dalle Indie fece dunque l’effetto di una bomba pubblicitaria. Tra il Tigri e il Chienti, si gettò un ponte simbolico. Non sorridiamo: utilizzando i “buoni uffici” di un inviato così straordinario per l’epoca, Haroun-al-Rashid e Carlo Magno pensarono a lungo che nessun’altro avrebbe potuto far di meglio.


Liberamente tradotto e adattato da Marco Pugacioff
 
va agli
 

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