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giovedì 13 aprile 2017

IL LUPO-MANNARO di Paolo Lacroux


IL LUPO-MANNARO
SUPERSTIZIONE DEL BERRI

Del Bibliografo Jacob
Paolo Lacroux

Il gabinetto di lavoro del Bibliografo Jacob

Da: Il Fuggilozio – Milano 1833, pag 521

DUE PAROLE DEL TRADUTTORE.

Sembrami utile dir brevemente dell'origine dei Lupi mannari. Quest' è senza dubbio un'invenzione de' Caldei o de popoli pastori che dovevano difendere di continuo i loro greggi contro i lupi; il terrore che queste belve feroci spargevano aggirandosi di notte intorno le stalle, favorì i malfattori che si trasvestirono da lupi feroci onde commettere furti ed atti di vendetta. Ne provenne quindi la superstizione di tutti i paesi, conosciuta sotto nomi diversi e circondata di circostanze più o meno straordinarie.
Luciano, Plinio, Virgilio, i Concilii, i medici del medio-evo, si sono occupati di licantropi, per maledirli, scomunicarli o guarirli. Menagio e Salmasio hanno cercata l'etimologia di lupo-mannaro che deriva dall'ebraico haraboth, dal latino guarosus, significanti ambedue vagabondi di notte, e concordarono potersi appropriare a persona della quale forte si tema. Finalmente gli antropofagi ch'errano nella notte, solitarii ed arrabbiati, avendo i segni caratteristici della natura lupina, sia la testa, sia il pelo, siano le zanne, sia la coda, si perpetuano ancora, nell'immaginazione ben inteso dei contadini, in varie parti d'Italia e di Francia; e il Tortonese ed il Berri conservano quest'antica tradizione in tutto il suo vigore, perch'essa si connette particolarmente ai montoni, che sono una delle ricchezze di quelle provincie, dove regna ancora l'ingenuità degli antichi tempi.


Il re Licaone trasformato in lupo da Zeus. Incisione di Virgil Solis per le Metamorfosi di Ovidio, libro I, 209-243. Folio 5r, image 8.

Or volgono molti anni dall'accaduto: il paese di Ryans, discosto cinque leghe da Bourges, che fu gran città ai tempi di Giulio Cesare, aveva una famiglia di lupi-mannari, poveri manovali, ai quali si rifiutavano sovente pane e lavoro, talmente si era accreditata da varie generazioni l'idea superstiziosa, che in quella famiglia il padre trasmettesse al figlio l'orribile qualità di lupo mannaro. I Simoni Gorde, che dovevano senza dubbio una si cattiva riputazione ai fatti e alle gesta di un qualche loro antenato, non avevano neppure un amico nelle comuni vicine, e ad essi venivano sempre attribuite le disgrazie di cui il caso sembrava l'unico autore. Un incendio consumava una
cascina; una fattoria si sfasciava sotto il peso del ricolto; i covoni di grano nei campi erano guasti dal turbine; gl'insetti divoravano la farina; i bestiami perivano decimati dall'epidemia; un fanciullo moriva di malattia, di languidezza; una sposa abortiva, erano sempre i Simoni Gorde che venivano accusati ad alta voce, che erano guardati con occhio bieco, che erano mostrati a dito, e che erano designati alla pubblica esecrazione.
E le terribili avventure si raccontavano di sera, al focolare, filando la canapa e spennando le oche; si raccontavano di giorno conducendo a pastura, le vacche, si raccontavano la domenica sul sagrato tra la messa ed i vespri; si narravano e si ascoltavano fremendo: malefizi, latrocini, assassini, empietà, scene sanguinose o misteriose, di cui i Simoni Gorde erano gli eroi; ora il padre, ora la madre, ora la sorella: avrebbero perfino messi nella congrega i fanciulletti di latte, tanto avevano in orrore quella razza maledetta di Caino!
Il cimitero e la Croce del lupo servivano di teatri alla notturna scelleratezza dei Gorde, che vi si mostravano al chiaro della luna, andando a rosicchiare le ossa dei morti, ed a succhiare il sangue dei vivi temerari a segno d'avventurarsi in quei luoghi solitarii. Gli è ben vero che i lupi, nei rigidi inverni, discendevano dai monti di Sancerre, e penetravano per le rovine dei muri nel cimitero a dissotterrare i cadaveri; gli è ben vero che la Croce del lupo, che additava il mezzo della via fra Ryans e le Aix-d'Angillon era stata insanguinata dalla caduta di un accattone ubbriaco, il quale erasi fracassato il cranio urtando contro il sasso. Ma questi accidenti e molti altri ancora si attribuivano al colpevole intervento dei Gorde e dei lupi-mannari.
Tuttavolta quelle oneste e probe persone non pensavano a giustificarsi colla loro condotta da così tremendi pregiudizi: esse sapevano di quali calunnie erano vittime; ma impotenti a smentirle, le soffrivano senza dolersi, e si allontanavano elleno stesse da chiunque le respingeva da sé; esse schivavano di attraversare Ryans di pieno giorno, e volenterosi si occupavano di lavori che le obbligavano a starsene entro alla loro casa, od in luoghi non frequentati: non comparivano mai al mercato di Aix d'Angillon, né alle feste di Burges, né al pellegrinaggio di San-Soulanges, né alle vendemmie, né alle messi; il parroco le avrebbe cacciate dalla chiesa; i bevitori dalla taverna.
I Gorde abitavano una piccola capanna di creta coperta di paglia, che i venti impetuosi che soffiano per quei luoghi avevano molto avariata; chiusa da una porta cadente per vetustà che permetteva un passo largo anzi che no alle intemperie dell'aria. Siccome questo misero abituro era separato dall'altre abitazioni e dal restante paese, gli abitanti se ne allontanavano con ispavento appena i vapori delle paludi si confondevano col crepuscolo e l'ora avanzata spiegava il senso diabolico del vecchio proverbio francese: tra cane e lupo. A cotest'ora i fuochi fatui cominciavano a brillare intorno all'abituro dei Gorde, che cenavano patriarcalmente e se ne andavano al riposo dopo recitate le loro preci.
Ora avvenne, che i dispiaceri, la miseria e le putride esalazioni della canapa maciullata, condussero la malattia e la morte nel seno di questa famiglia, che non doveva sperare né compassione, né ajuto: il padre Simone Gorde fu colpito pel primo, ed il suo cadavere era ancor tiepido, quando la moglie rese l'anima a Dio: questa coppia sfortunata trapassò senza confessore e senza medico. Simone Gorde, loro primogenito, scavò la fossa, e ve li compose avvolti in un lembo di tela, e gettò sovr’essi uno strato di terra. Un villano, che lo scorse a compiere questo pio dovere col favor dell' ombra, si fece il segno della croce e fuggi a tutte gambe, credendo aver assistito ad una tregenda. La domane, i villaggi vicini si rallegrarono di questa doppia morte, che fu riguardata come un tardo castigo del cielo: si parlava di suonare a festa le campane, e di celebrare delle messe in azione di grazie.
Simone Gorde, divenendo il capo della famiglia composta di due sorelle in minore età, della vecchia sorella del suo padre, e di un fratello di sua madre, li vide tutti andarsene al camposanto nello spazio di una settimana; e quand'ebbe collocato l'ultimo sotto la terra, esitò se dovesse anch'esso seppellirsi vivente onde chiudere le luci in quel pacifico sonno. Non colle lacrime e coi singhiozzi egli manifestò il profondo suo dolore; ma con una cupa e feroce meditazione innanzi alla tomba de suoi parenti e del suo avvenire: per tre giorni consecutivi egli fuggi, pallido e cogli occhi smarriti, dalla paterna capanna per andare a piangere inginocchiato sulla zolla funebre, e per tre giorni non prese cibo veruno.
L'inverno aveva interrotte le bisogne campestri, e Simone si era presentato indarno nei tenimenti della cerchia comunale per ottenere qualche giornata a battere il grano, a segare la legna, a condurre i carri; ma nessuno lo volle impiegare per tema di attirare sopra di sé la fatalità connessa a tutto ciò che portava il nome di Gorle. E fu cacciato brutalmente e con minaccie, gli furono
aizzati i mastini alle gambe; non gli si volle concedere l'elemosina che si accorda ai mendici di professione; venne colmato d'ingiurie e di disprezzo.
Egli doveva dunque morire d'inanizione, o liberarsi dalle torture della fame con un suicidio.
Avrebbe egli abbracciato l'ultimo partito come una consolazione, se non fosse stato ritenuto in vita da un pensiero d'amore; si, questo miserabile così disperato, il quale aborriva l'umana specie, e che applaudiva a sé stesso di essere in guerra con essa, questo paria, che non aveva più fiducia nemmeno in Dio testimonio indifferente de' suoi mali; quest'uomo, isolato dalle affezioni sociali, che compensano le pene della vita, senz'altro appoggio, eccetto la sua coscienza, senz'altro avvenire eccetto l'amaro destino di suo padre, estenuato dal bisogno e dai dispiaceri, col cuore gonfio di rabbia e di risentimento, or bene, quest'essere acconsentiva a non finirla colla vita; egli era innamorato !
Simone Gorde sarebbe stato il più bel giovane del paese, qualora l'abitudine delle angherie che sopportava di continuo, e delle privazioni alle quali era avvezzo, non avessero impallidite le sue guancie ed incavate le orbite dei suoi occhi: aggrottava d'ordinario il sopracciglio, e lanciava sguardi obliqui.
Malgrado siffatta inquietudine e la malinconia che velavano i suoi lineamenti, si ammirava la selvaggia nobiltà della sua testa coronata di capelli ondeggianti, e collocata sopra un corpo armoniosamente robusto, che si sviluppava regolarmente sottoi cenci che lo coprivano; il suo passo era grave e fiero, i suoi movimenti erano graziosi quantunque rustici, e il timpano della sua voce assai dolce conveniva alla singolare purezza del suo linguaggio; insomma, ei differiva talmente dalle persone della sua condizione che si poteva credere che la gelosia non fosse estranea alle ribalde persecuzioni di cui egli fu l'oggetto; solo le donne lo compiangevano ed osavano formare più umani giudizii.
Solanges, moglie di Claudio Lorry, macellaio in Aix-d'Angillon , lo aveva notato un giorno passandogli a cavallo accanto a lui; e le menzogne delle ciarliere che stancavano le sue orecchie non diminuirono la favorevole opinione da lei concepita per questo leggiadro lupo-mannaro: essa si allontanava talvolta dalla sua strada per incontrarlo e per rispondere al suo cordiale saluto; imperocchè Simone Gorde, riconoscente dell'attenzione di cui era l'oggetto, aveva esaminata alla sua volta Solanges, e l'aveva trovata bella d'assai. La sua riconoscenza si accrebbe a tale scoperta, e, nel momento in cui le sue perdite domestiche lo colpirono una dopo l'altra, egli aveva confessato a Solanges l'amor suo.
Le nove della sera scoccavano, e tutti gli abitanti di Ryans erano riuniti nelle case per la veglia. Soltanto Simone, immobile, silenzioso, colle mani facendo sostegno alla fronte , fissava un occhio bieco su i due tizzoni che fumavano fra le ceneri del focolare; ei non prestava l'orecchio ai soffii impetuosi del vento nordico, che scuotevano la tettoia e fischiavano per le fessure della porta; ei non abbrividi alle rauche grida delle grù che piombavano nel pantano, né al gracidare dei corvi appoggiati sul comignolo: Simone pensava alle anime de' suoi parenti, e credeva di doverli ragiungere ben presto, giacché il freddo congelava le midolla delle sue ossa, e la fame si contorceva e gemeva in fondo alle sue viscere. Ad intervalli, una rimembranza d'amore tranquillava d'improvviso simili angosce, ed un lampo di sorriso passavagli sul volto.
– Dio mio ! fa che io cessi di soffrire! – mormorava con iscoraggiamento – ah! che vorrei essere lupo-mannaro, come dicono cotestoro! io renderei loro tutto il male che mi hanno fatto... No, io non mi nutrirei della loro carne, io non ispargerei il loro sangue; ma li inseguirei, li tormenterei que’ crudeli che mi hanno ucciso il padre, la madre, le sorelle, la famiglia, tutta! Perché non ho io potere di cangiarmi in lupo, se l'hanno avuto i miei padri ?
Troverei almeno cadaveri da divorare, e non morirei né di fame, né di dolore!... Non vi è che Solanges che mi ami al mondo!...
Simone si lasciava trasportare dalle sue lugubri ed angosciose riflessioni, i tizzi accesi; che lo rischiaravano con incerta luce, non lottavano più che debolmente contro la notte, e Simone ebbe timore delle tenebre: agghiacciato dal brivido e tormentato dal battito delle sue arterie, si alzò per cercare delle legna, e gettò sul focolare qualcheramoscello, poca paglia, che accesi rischiararono alquanto quella stanza. Egli non aveva più legna, e siccome frugava sotto il forno, un ammasso di avanzi che sua madre aveva destinati a cuocere il pane, zoccoli di legno rotti, manichi di strumenti rurali, sgabelli fuori d'uso e tavole tarlate, scoperse una scatola di cuoio lavorato che non aveva mai veduta; l'afferrò come se avesse contenuto un tesoro di presente e la scoperchiò.
Quella scatola, che da lunghissimo tempo non era stata aperta, conteneva un compiuto travestimento da lupo-mannaro: pelle di montone, coi guanti terminati in guisa di zampe, la coda e la maschera allungata in muso, ornata di denti gialli di cavallo.
Simone indietreggiò spaventato a questa scoperta così opportuna, che sembrava in certo qual modo un sortilegio; poi passò in rassegna uno ad uno gli oggetti del bizzarro travestimento che aveva servito più di una volta, e che una lunga dimenticanza aveva guastato: allora ricordò confusamente racconti maravigliosi che gli faceva suo nonno trastullandolo da fanciullo sulle ginocchia, i quali racconti sua madre piangeva nell'ascoltare, e ch'egli udiva ridendo. Vi era nel suo animo un combattimento di sentimenti e di progetti. Ei continuava il taciturno esame di quella colpevole eredità, e a poco a poco la sua immaginazione si perdeva in folli idee.
La fame, la disperazione, lo tormentavano: egli vedeva gli oggetti attraverso un prisma sanguinoso; sentiva i suoi denti avidi di mordere; provava una incredibile voglia di correre. Si pose ad urlare come se fosse stato lupo durante tutta la sua vita, e si vesti delle insegne trovate. Un più strano cambiamento non si sarebbe operato in lui, se quel grottesco travestimento fosse stato incantato: la febbre imprimeva la vertigine al suo vuoto cervello.
Appena convertito in lupo-mannaro per l'azione dell'abito, egli si slanciò fuori di casa nella campagna bianca di brina; urlava in modo spaventoso, e percorreva come un'ombra prati, pianure e paludi. Ma a quell'ora ed in quella stagione non si offeriva neppure un pedone in ritardo, alla vista di Simone, al quale l'asprezza dell'aria e l'agitazione della corsa resero il sentimento della sua stravaganza: egli urlava ancora di fame.
Tutto ad un tratto lo scorrere che faceva bruscamente una vettura che si accostava, attrasse da quella parte la sua attenzione, dapprima indecisa, poscia stupidamente fissa: ei resistette ad una volta a due idee contrarie che lo consigliavano a fuggire e ad avanzarsi. La vettura si accostava sempre; la notte non era abbastanza nera per impedirgli di riconoscere la chiesa dell'antico castello di Aix-d'Angillon. Ei si trovava alle cave di pietra, presso le prime case che hanno serbata la denominazione storica di Pilastro dei fattucchieri, luogo un dì infamato, oggi abitato dai mendici.
Quella vettura era la carretta coperta di Claudio Lorry, il macellaio di Aix, che andava due volte alla settimana a recare la carne al villaggio di San-Soulanges, e che viaggiava di notte per essere di ritorno l'indomani all'apertura del mercato. Simone lo sapeva come tutti gli altri campagnuoli, e la partenza del beccaio gli rammentò naturalmente che la moglie rimaneva sola in casa.
Esitò un istante, se dovesse tentare d'introdursi da lei, oppure se accosterebbe il marito. Più che l'amor potè la fame, e il fischio modulato su di un'aria monotona con cui il vetturale eccitava la sua chinea, lo avvertì ad affrettarsi: Simone urlò con tuono lamentevole, ed afferrò il cavallo pel morso.
– Claudio Lorry – sclamò, egli ingrossando la voce – ho fame, dammi due libbre di carne se vuoi ch'io viva.
– San-Soulanges, abbiate pietà di me! – gridò il macellaio spaventato – sei tu, Simone Gorde di Ryans, il lupo-mannaro?
– Per lo appunto – riprese Simone, a cui venne voglia di trar partito dalla credula ingenuità di Claudio – io mangerò della carne cruda piuttosto chè mangiar la carne della tua persona ; dà qui adunque, e non dimenticare di mettermi in serbo la mia parte ogni qual volta ti rechi a Poiriou e a San-Soulanges. Io ti proibisco di accarezzare tua moglie per dieci giorni.
Simone, onde mostrare i suoi attributi di lupo mannaro al credulo beccajo, erasi posto innanzi alla ruota ed aveva collocata la zampa sull' estremità del carretto che faceva sembiante di fiutare col muso. Claudio Lorry, che credeva ai lupi-mannari come a Dio, non ebbe prima ravvisata la mostruosa zampa, che diresse una fervida invocazione ai santi, e prendendo il suo più bel pezzo
di carne, lo lasciò cadere a terra, ove Simone si affrettò di raccoglierlo: ma il beccaio aveva tirate con tanta violenza le guide, che il suo cavallo partì al galoppo, senz' aspettare l'invito reiterato della frusta.
Simone Gorde fu così soddisfatto di un pasto, che gli era costato molto meno degli altri, che pensò di rinnovare quello spediente facile e solazzevole; imperocchè, non essendo amico al marito la cui moglie amava, si prendeva il malizioso piacere di accrescere lo spavento di Claudio Lorry.
Questi poi non rivelava a nessuno i suoi incredibili incontri, e si sottometteva senza mormorare all'imposta che il lupo-mannaro esigeva ogni volta senza designare il peso né la quantità della carne, anzi non aspettava nemmeno che la carne gli fosse chiesta per non avere dinanzi agli occhi la mostruosa zampa all'estremità della sua carretta, quella zampa orribile che si stendeva come per
istrozzarlo, quella zampa sotto cui era nascosta una mano.
Il beccaio era diventato triste e pensieroso; partiva a malincuore, senza abbracciare la moglie, senza eccitare il cavallo con un arietta fischiata o cantarellata; ei ritornava più cupo, più inquieto.
Solanges, pensierosa per tale melanconia di cui non ne conosceva la ragione, temeva ch'ei fosse geloso, siccome aveva motivo di esserlo; lo interrogò, lo strinse, lo supplicò insino a che il marito si sbarazzò del peso che aveva sul cuore raccontandole la storia del lupo-mannaro.
– Simone Gorde non è più lupo di te e di me, buon uomo che sei, disse Solanges punta perché sospettava del suo buon amico; la è una favola o qualche inganno; io credo che tu li abbia sognati questi incantesimi, poiché Simone vale più della sua riputazione.
– Moglie, non bisogna dire di no – rispose il macellaio sicuro del fatto suo – la famiglia dei Gorde è lupo mannara, come ognun sa; e perché per castigo di Dio sono tutti morti, Simone ha ereditata la zampa di lupo.
– Io ti ripeto, che Simone è troppo coraggioso e leggiadro per cangiarsi in lupo, e non vi crederò se non dopo averlo veduto.
– Giuraddio! lo vedrai, se vuoi accompagnarmi; e ben desso; oltre l'avermi detto il suo nome, riconobbi la sua voce; e mi sembra di veder di continuo la sua maledetta zampa posarsi sul timone arrestando il cavallo... Moglie, qui vi è incantesimo!
Solanges divideva la superstizione di Claudio, eccetto in questa circostanza che riguardava l'onore dell'uomo da lei amato. Più che la curiosità di donna determinò a seguire il marito, la brama di scusare l'amante: ella non aveva altro timore che quello di trovare Simone colpevole quando salì nella vettura ripiena di carni sanguinose: mezzanotte scoccava all'accuminato campanile di
Aix; mezzanotte, l'ora cara ai lupi-mannari come pure alle fantasime.
Simone era esatto all'appuntamento; i suoi urli, che avevano qualche cosa di umano, sconcertarono i dubbi di Solanges. Claudio Lorry, tremava più di lei mentre cercava la porzione pel lupo. Questi si drizzò sulle zampe di dietro e ne allungò una del davanti per chiedere la pietanza ordinaria, tosto che la vettura si fermò al Pilastro dei fattucchieri.
– Claudio, sto per basire – mormorava Solanges rivolta al marito – rallenta le briglie e sferza il cavallo; altrimenti ci toccherà qualche disgrazia.
– Tu non sei dunque solo, o compare ! – sclamò Simone, temendo di un'insidia; se tu mi facessi la menoma azione cattiva, non te la perdonerei.
– Non farci nessun male, mio buon amico Simone; tu sai che io non peso le libbre di carne con te. Io mi guarderò bene dal farti il minimo scherzo: sono venuto con mia moglie, che si reca a Feularde a comperare vitelli. -
– Solanges è con te ? giuraddio, è d'essa; più svelta e illa che mai, orsù ch elia scenda dal carretto !
– Ve ne scongiuro, signor lupo, non spaventate così la mia povera moglie che è quasi morta di spavento. Permetteteci di continuare la nostra strada, chè abbiamo assai da lavorare domani che è giorne di mercato...
– E tua moglie! E tua moglie ch'io chiedo ! Se tu non me la concedi di buona voglia, io vi ammazzerò ambidue.
Claudio Lorry ebbe un bel spendere preghiere e lamenti per commuovere il lupo-mannaro, questi rifiutò qualsiasi accomodamento, e rispose solo con minacce spaventevoli, le quali congelavano il sangue nelle vene dei due sposi. Solanges, quantunque in special modo interessata nella quistione, non fiatava né apriva la bocca, talmente il terrore e la sorpresa l'avevano abbattuta! essa teneva gli occhi fissi sul lupo, che la riguardava fisso attraverso la maschera; e non oppose alcuna resistenza quando si senti vivamente strappata dal carretto da una potenza invisibile e gettata sopra un mucchio di pietre ove stramazzò e svenne senza mettere un lamento.
Il macellaio colpito da questo scioglimento, cadde, come uomo morto, tra le sue carni. Quando riebbe l'uso dei sensi, si vide solo nel suo carretto che scorreva a salti per lo stradale di Poiriou.
Ascoltò invano se il vento gli apportasse le grida della moglie e gli ululati del lupo; il cavallo trottava come se fosse stregato od un magico sprone gli pungesse i fianchi.
Nonpertanto Claudio Lorry terminò il suo giro, vendette la sua carne, e ritornò ad Aix, col pensiero di far dire un De-profundis alla moglie, compianta durante tutta la notte. Ma fu oltremodo stupito nel ritrovarla in letto, un po' pallida, un po' stanca, ma senza neppure una graffiatura; e fu ancor più maravigliato nell'udire dal labbro di lei, che il lupo non le aveva fatto verun male, e che erasi accontentato di farla passeggiare nel bosco di Marveaux: era questo un procedere assai gentile per un lupo-mannaro, e pertanto Claudio Lorry fece il broncio.
La passeggiata notturna di Solanges lo aveva irritato contro il lupo; e sebbene il timore delle rappresaglie lo impedisse di chiedere direttamente a Simone Gorde una soddisfazione, ei ruminava una vendetta senza rischio. D'altra parte Simone aggiunse un nuovo gravame a quelli che si era già permesso, proibendo al consorte di dormir con la moglie, sotto pena di morte improvvisa. Claudio Lorry si sottomise a questa severa penitenza, ma andò a raccontare la cosa al sagrestano, che faceva anche da beccamorto nella parrocchia, uomo pratico in questa sorta di faccende, dotato d'una sapienza salomoniana, consultato come un oracolo dalle donne in istato interessante, dagli innamorati, e dalle fanciulle da marito.
– Egli è impossibile uccidere un lupo-mannaro, gli disse il dottissimo uomo: la sua pelle è a prova di palla da schioppo, ma non del fendente d'uno strumento di ferro; io vi consiglierei a fargli una leggiera ferita o tagliargli la zampa, per accertarvi che il lupo è realmente Simone Gorde; voi non correte pericolo, quando ferendolo il sangue esca dal corpo; imperocchè in tal caso il
lupo-mannaro fugge tosto.
L'istessa sera Claudio Lorry, deciso di conoscere con qual lupo-mannaro aveva avuto, che fare colla moglie, nascose nel carretto una falcetta di recente arruotata, e si dispose risolutamente a farne uso per provare l'identità di Simone Gorde, poiché aveva fede negli avvisi del sagrestano. Il lupo si presentò come al solito, e s'informò delle notizie di Solanges: ciò che confermò davantaggio il marito nel suo disegno,
– Ecco, o lupo, – disse Claudio abbassandosi come per iscegliere un pezzo di carne – oggi ti do doppia porzione; mostrami la tua zampa per ricevereil boccone, e sovvienti delle mie elemosine.
– Senza dubbio me ne ricorderò, compare, – riprese il lupo – ma non pensare a celebrar l'anniversario delle tue nozze.
Simone Gorde che credeva non aver nulla a temere dal beccajo, di cui si appropriava la carne e la moglie, aveva posta la sua zampa stesa sull'estremità del carretto; ma invece di consegnargli un
pezzo di bue o di montone, Claudio alzò la falcetta,e tagliò con un sol colpo la zampa collocata là, come sopra un ceppo. Il lupo-mannaro ruggì di dolore e scomparve nelle tenebre, ove si perdettero i suoi urli.
All'indomani, al suo ritorno, il macellaio, allegro e cantarellando, spiegò una salvietta insanguinata sul letto della moglie che si risvegliava di soprassalto, e le mostrò una mano tagliata, ancora coperta dalla pelle di lupo. Solanges mise un grido, versò lagrime abbondanti, e si vestì in fretta, mentre il marito si baloccava con quella mano ferocemente rallegrandosi, e diceva nel mirare il sangue che ancor ne grondava:
– Il sagrestano aveva ragione: il lupo-mannaro è ora riconoscibile, e non temo più gli stregamenti.
Simone Gorde rimaneva in letto, quantunque fosse molto inoltrato il giorno; le sue lenzuola erano macchiate di sangue, come pure il pavimento della stanza; il suo volto, di un pallore giallastro, esprimeva dolore morale del pari che fisico; lagrime irroravano le rosse pupille; egli ascoltava i rumori del di fuori con un'inquietudine apparente nei suoi lineamenti decomposti.
Passi si avvicinarono rapidamente; la porta si aperse con violenza. Una donna si precipitò tutta in pianti sul capezzale di Simone, lo strinse al seno, proruppe in singhiozzi, poi in imprecazioni, ed andò a cercare sotto le coperte un braccio tutto attortigliato di lini che non dissimulavano la mancanza del pugno, e che il sangue aveva tutti bagnati. A quell'orribile vista, ella maledì il carnefice, e confuse i suoi co' gemiti della vittima.
Queste espansioni d'amore e di desolazione furono di repente interrotti. Alcuno bussava alla porta. Solanges corse alla finestra per riconoscere qual visitatore osasse penetrare nel covo di un lupo-mannaro. Essa alzò le mani e gli occhi in segno di desolazione, come se non avesse a sperare soccorso che dal cielo. Si picchiò più forte.
– E mio marito! – diss’ella con voce tremante; donde poss'io uscire senza essere scorta?... Nascondimi là.... no, qui, accanto a te; moriamo insieme!.... Se Claudio porta seco la sua falcetta per iscannarti, il mio corpo ti sarà di scudo.
Solanges si era nascosta in fondo del letto e tenevasi avvinghiata a Simone, il quale non aveva avuto la forza d'alzarsi sul fianco, e cercava cogli occhi un'arma a difendersi. Intanto l'ombra della coperta di panno verde faceva risaltare la forma di un secondo corpo che spariva sotto le lenzuola, ed una respirazione affannosa udivasi ad intervalli ineguali.
– Buondi, Simone Gorde – disse entrando Claudio il quale aveva una servietta annodata che posò sopra la madia – vengo per proporvi della bisogna; una spalliera di vite d'acconciare a Pierriers. Si sa che voi conoscete bene l'arte vostra.
– Sono ammalato – rispose Simone dominando la collera che lampeggiò ne'suoi occhi arrovellati – sono ammalato, fuori di stato quindi da poter lavorare.
– Infermo, o compare? la è forse malattia di pigrizia? E dove è che vi sentite male? Qua la vostra mano che vi tasti il polso.
Simone Gorde arrossì e stette un momento in forse, se dovesse resistere ad una tale domanda, da lui troppo bene compresa; ma per non esporre Solanges ad esser scoperta, trasse fuori dalle lenzuola la sua mano sinistra tutta colorata di sangue congelato.
– Non questa mano, Simone, ma l'altra, la dritta, capite. Orbene! l'avete forse smarrita? Bisogna forse restituirvela ?
Simone, il cui rossore porporino si era mutato in una scialbo cadaverico, non rispondeva, e non testimoniava con alcun movimento ch'egli si preparasse a soddisfare un desiderio sotto il velo di un sì crudele pretesto. Claudio sorrideva, digrignando i denti, e si dilettava del supplicio dell’infelice.
Già ei si disponeva ad usar violenze per venirne alla prova decisiva da lui reclamata; già disfaceva i nodi della servietta, ripetendo le sue implacabili celie; una sola mano si mostrava fuori del letto, e Simone non pensava a ritirarla.
– Perché mi tendete sol questa mano? – Riprese Claudio che stava per avere l'orribile convinzione che voleva. – Gli è forse perché vi fu tagliata? Sbrigatevi, signor lupo, ad obbedirmi alla vostra volta. Io voglio vedere la mano destra.
– Eccola!
l'interruppe una voce soffocata che non era quella di un essere soprannaturale.
E Claudio Lorry, stupito, allibito, vide una seconda mano, sana e completa, protesa in atto di volerlo maledire. Ei balbettò, indietreggiò, chiese grazia, piegò il ginocchio, ed abbandonò, quasi pazzo, quella casa protetta dal demonio. Non portò seco la mano recisa, che era divenuta per lui una visione ostinata, la quale non valsero a sbandeggiare tutti i segreti del sagrestano, appo il quale chiese consigli e consolazioni.
– A chi dunque apparteneva quella mano? – diceva, egli gemendo – è la mano del fistolo, oppur quella del lupo-mannaro? Simone Gorde è certamente innocente; io vidi le sue due mani. Perché l'una d'esse era sporca di sangue? Havvi qualche stregheria.
L'indomani, la prima cosa che colpì i suoi occhi, aprendo il macello, fu la mano che il di prima aveva lasciata sulla madia di Simone. Essa era senza il suo inviluppo di pelle vellosa, e trovavasi fra le carni. Claudio non osava toccare quella mano da lui creduta ammaliata; ma, nella speranza di farla sparire per sempre, la gettò nel pozzo e non fu poco spaventato di ritrovarla ancora sul suo banco. Ei la seppellì nel suo giardino, senza potersene liberare: ella ritornava tutta livida ad infettare la bottega, ed a perseguitarlo coi rimorsi ch'erano di continuo ravvivati dalle doglianze della moglie.
Finalmente, Claudio si lusingava di non essere più perseguitato da quella mano fatale ch'egli aveva segretamente portata al cimitero di Valentigny, per provare se una sepoltura in terra benedetta le converrebbe meglio; ma un mattino la trovò inchiodata all'imposta della sua finestra. Scoraggiato da questi muti rimproveri, che gli toglieva no il riposo, ed impaziente di annientare le traccie di un'azione che il cielo gli rimproverava, abbandonò Aix, senza dire addio alla consorte, e corse ad annegarsi nel fiume vicino. Il suo cadavere fu ritirato gonfio e verdastro che sornuotava alla superficie. La fatal mano recisa non fu strappata dalle sue mani convulsivamente contratte, se non a pezzi, perché nella convulsione del suicidio l'aveva quasi tutta sbranata.
Un anno dopo; Simone Gorde, di Ryans, quantunque privo di una mano, e lupo mannaro, sposò Solange la macellaia, vedova di Claudio Lorry di Aix d'Angillon.
Fine



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va agli

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