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mercoledì 19 aprile 2017

Virgilio Mago & Stregone


Virgilio Mago & Stregone
Di Marco Pugacioff




l'antro della Sibilla

Narra la leggenda che Gerberto d’Aurillac, papa Silvestro II, il papa dell’anno mille, divorato dal suo amore per i libri abbia un giorno acquistato un introvabile codice della Farsaglia di Lucano, promettendo in cambio una sfera armillare in cuoio. Gerberto non sapeva che Lucano non aveva potuto terminare il suo poema, perché nel frattempo Nerone lo aveva invitato a tagliarsi le vene. Cosicché ricevette il prezioso manoscritto ma lo trovò incompleto. Ogni buon amatore di libri, dopo aver collazionato il volume appena acquistato, se lo trova incompleto lo restituisce al libraio. Gerberto, per non privarsi almeno di metà del suo tesoro, decise di inviare al suo corrispondente non la sfera intera, ma solo mezza.
Questa storia meravigliosa raccontata da Umberto Eco, pochi anni fa alla fiera del libro di Torino, mi serve per introdurre il mio scritto sopra Virgilio, sulla mia idea di ristampare l’edizione del 1896 di Virgilio nel medioevo compilato da Domenico Comparetti. Infatti all’inizio trovai solo il secondo volume, il più bello da riprodurre. Perchè nel primo volume il senatore Comparetti aveva sviscerato il rapporto che c’era tra Virgilio e la Chiesa cristiana, e questo lo rendeva antipatico e pedante.
Al contrario il secondo volume viaggia all’interno della leggenda dei poteri sopranaturali del mago Virgilio, di come questa trasfigurazione del poeta era nata, alimentata da leggende popolari, dall’amore che il popolino aveva avuto per Virgilio. Leggende nate nel medioevo, sulla scia di Gerberto d’aurillac, lui sì, “mago” vero in un epoca di ignoranti e di ignoranza.
Non per niente le prime storie scritte sullo stregone Virgilio vennero compilate circa due secoli dopo la morte di Gerberto avvenuta nel 1003, da Corrado di Quefort[1]. Ma il personaggio di Virgilio ha un po’ di “misteri” dietro di sé come il fatto se poteva essere o no, un Romano tutto tondo oppure un… etrusco.
Leggete queste note su Virgilio[2]:
"Dalle storie sugli etruschi, la letteratura romana ha raccolto le gesta dell'eroe tarquinese Tarconte, fondatore delle dodici città nella Valle del Po, fra cui Mantova, da Mantus, forse divinità infernale.
        E Virgilio ne rievoca le origini...
                  ... Ocno ancor, figlio del tosco fiume
                  e di Manto indovina, guida in guerra
                  del patrio suol la schiera dei suoi prodi:
                  egli ti diede o Mantova le mura
                  e il materno nome...
e l'attribuisce ad Ocno, già ricordato.
Una leggenda confusa con quella di Manto l'indovina, ed aggiunge come le tre razze che formano la città, traggono vita dal sangue etrusco... «e tutte insieme son con le forze dell'Etruria unite»  (Eneide X).
Non si può escludere l'origine etrusca di Mantova e lo stesso Virgilio è etrusco, se tale è il nome della madre Màgia e se il cognome o patronimico Maro ha legami col titolo di magistrato maru."
Non solo, ma Cavendish[3] in un suo libro riferisce che Virgilio descrive un incantesimo d’amore. Una fanciulla pazza d’amore fa tornare a lei l’amante infedele per mezzo di incanti, ripetendo il seguente ritornello “Cucite ab urbe donum, mea carmina, cucite Daphnim”, «Conducete a casa dalla città, o miei versi, conducete Dafni.»[4]
Comunque sia all’inizio del XV secolo, la fama di Virgilio era già tanto consolidata che Pio II scrisse nei suoi diari «Il giorno dopo [il papa e il suo seguito] giunsero  alla foce del Mincio e navigarono fin dentro al lago sulla cui riva a sinistra si mostra una collinetta ritenuta sacra perché si ritiene che in antico lì sorgesse la casa di Virgilio Marone. All’intorno si adagia la piccola città che diede i natali a un tanto grande poeta»[5]
Ma la fama non servì per proteggere una scultura a lui dedicata, sempre Pio II scrisse «Mentre [Carlo Malatesta] soggiornava a Mantova e si occupava della tutela di Giovanni Francesco, ordinò di abbattere, col pretesto che era una offesa alla religione cristiana, la statua del grande poeta Virgilio Marone.
Questo ordine, non privo di stoltezza, biasima apertamente non senza dolore nei suoi iscritti Paolo Vergerio da Capodistria, oratore illustre di quel tempo e dice che altro non era se non pura ipocrisia e  prova di un intelletto rozzo di un uomo ignorante, il quale avrebbe pensato che la statua di un poeta sia pure pagano potesse ingenerare l’idolatria di un popolo cristiano.»[6]
Come dar torto al Vergerio? Ma passiamo ora dalla storia alla leggenda medievale di Virgilio mago.




la dea Diana e una cerbiatta

Sempre ambientata alla fine del medioevo, che si concluderà ufficialmente con lo sbarco in America di Colombo, è la narrazione di Leland ( nel suo libro Aradia ) imperniata su due bambini di famiglia nobile, fratello e sorella che non hanno più da mangiare. Nella loro casa di Firenze c’è un giardino in cui vi è un’antica statua di Diana in marmo. Una donna bellissima con un arco in mano e sulla fronte una piccola luna, che correva con un cane al fianco. Un giorno la bambina decide di offrire dei fiori alla statua. Proprio allora entrò nel giardino Virgilio mago ( forse era immortale e vive ancora oggi, o perlomeno amo pensar questo ), che sorridendo ai piccoli davanti a lui li informò che avevano offerto i fiori alla dea nella maniera giusta. Poi, prima di andarsene, gli insegnò loro come pregare Diana nel modo giusto.
Da quel giorno la famiglia dei bambini non ebbe più problemi per sfamarsi perché la dea offriva loro alla mattina ogni tipo di selvaggina.[7]
Sempre Leland ha narrato, al capitolo XV del suo libro, di Diana raffigurata come la protettrice di coloro che vivono di notte, quindi dei ladri. Il bello è che ha narrare ad un Imperatore ( chissà chi, forse Augusto? ) le gesta di questa dea è proprio Virgilio. Questo scrittore americano che visse e morì in Toscana, raccolse molte altre storie su Virgilio Mago e le pubblicò in volume nella sua lingua madre ancora inedito in Italia, di cui è ormai in corso la traduzione. Quest’opera è però dedicata da Leland proprio a Domenico Comparetti.
E dallo studio delle leggende su Virgilio mago, c’è chi in America ha tratto un romanzo fantastico: La Fenice e lo specchio[8]. Avram Davidson novellista di fantascienza ci ha regalato un’avventura di Virgilio negromante a Napoli, che preda di una “strega” bellissima, si imbarca nella difficilissima costruzione di uno specchio magico, lo speculum vergine. Come se non bastasse deve anche affrontare l’Araba Fenice in Africa.



Lo speciale di Urania con il romanzo su Virgilio

Non vi svelerò niente della trama di questo racconto, se non riferirvi che Virgilio prende con sé un piccolo allievo che si chiama… Merlino! Se però pensate che Davidson si sia spinto troppo in là vi dirò che Comparetti tra i documenti pubblicati in coda al secondo volume cita proprio un Mirlino.
   
                         
    Copertine di una mia ristampa dei due volumi 


[1] Corrado, cancelliere di Enrico IV, parla di Virgilio, in una lettera del 1194. Vedi il cap. 2 del volume secondo del Comparetti.
[2] Itinerari etruschi di Vasco Melani e Francesco Nicosia della Tellini ed. del '85, pag. 14.
[3] Storia della magia di Richard Cavendish delle edizioni Oscar Mondadori ’85, pagg. 41 – 42.
[4] Bucoliche di Virgilio delle edizioni Tascabili Economici Newton ’94, Ecloga VIII, verso 90, pagg. 70 – 71.
[5] I commentari di Pio II a cura di Giuseppe Bernetti, Siena ’72, volume 2, pag. 208.
[6] I commentari di Pio II a cura di Giuseppe Bernetti, Siena ’72, volume 4, pagg. 80 – 81.
[7] Aradia, il vangelo delle streghe di Charles G. Leland, Stampa Alternativa, collana fiabesca 62, cap. XIII, Diana e i bambini.
[8] All’ombra degli dei, biblioteca di Fantasy & Horror 1, Mondadori ’79.

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