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venerdì 30 marzo 2018

DEKANAHOUIDEH - Messaggero celeste del popolo rosso


DEKANAHOUIDEH (o DEKANAHWIDEH)
Messaggero celeste del popolo rosso

 

   Un giorno di molti secoli fa – qualcuno sostiene nel 16° secolo, secondo altri nel 12° o 13° secolo – una ragazza del popolo degli Uroni [gli Hurons]  ancora vergine (ma guarda un po’) fu avvertita in un sogno da un messaggero del Creatore che avrebbe avuto un figlio destinato a far cessare le lotte tra le varie popolazioni pellerossa del nord americano.
    Una volta nato, il piccolo ebbe il nome di Dekanahouideh e il cui significato dovrebbe essere «due fiumi che si uniscono».  
   Quando raggiunse l'età adulta, Dekanahouideh spiegò a sua madre la missione che il Grande Spirito lo aveva mandato a compiere; egli doveva portare agli uomini «la buona notizia di pace e potere» e ancora come avrebbero poto realizzare il loro desiderio di pace e giustizia attraverso una unione e sotto l'autorità civile sorretta dalla potenza militare.
   Dekanahouideh  ormai uomo, condusse sua madre verso una collina che sorgeva presso l’acqua e dove era un albero.  Gli raccomandò di tornarci una volta all’anno ad ogni anniversario di quel giorno, per dare un colpo di scure alla creatura vegetale; questo per fargli sapere che, se dal taglio fosse uscito del sangue lei avrebbe saputo che aveva fallito, se invece fosse uscita linfa che era vivo e che avrebbe avuto successo. Infatti era venuto il tempo di dire addio a sua madre.
    Ancor oggi gli Irochesi continuano a venerare questa collina. I capi della Riserva delle Sei Nazioni, situata vicino a Brantford, nell'Ontario, ogni anno vi fanno pellegrinaggio per bruciare del tabacco  sacro e offrire preghiere al Grande Spirito.




    Dekanahouideh trasformò una pietra bianca in una canoa e con essa attraversò il lago Ontario, fino a raggiungere il paese degli Onontagués, o Onondaga. Era alla ricerca di noto assassino e cannibale per convertirlo e dar così prova della sua potenza. Trovò la casa di quest’uomo, ma essendo vuota si arrampicò sul tetto coperto di corteccia e si sporse dal buco da cui usciva il fumo. Al di sotto vi era un pentolone pieno d’acqua, vicino al fuoco e si mise ad aspettare.  Il feroce guerriero non ci mise molto a tornare nella sua capanna e dopo essere entrato buttò un’occhiata al pentolone e con suo immenso stupore vide il viso di Dekanahouideh riflesso sull’acqua. Sapendo di esser solo nella sua casa credete che vi fosse riflesso il suo stesso viso e rimase a fissarlo; dentro di sé fu colpito dalla nobiltà di quel volto e rifletté sulla vita spietata che conduceva. Con ira buttò via l’enorme pentola piena d’acqua e si accasciò accanto al fuoco, maledicendosi di non avere quell’anima nobile che quel viso gli aveva mostrato. In quel momento Dekanahouideh entrò dalla porta e gli parlò della sua missione di pace (ma anche di potere) e il feroce guerriero ormai trasformato si offrì di diventare suo discepolo. Insieme, i due concepirono un piano di una campagna destinata ad avvinare tra loro le varie nazioni indiane del territorio e formare una confederazione pacifica, cosicché – come ebbe a dire un Irochese del diciassettesimo secolo – «la terra sia bella, che il fiume non abbia più delle onde perché chiunque possa andare ovunque senza timore».
   Ma avevano un grande ostacolo davanti, rappresentato da Atotarho, il gran capo degli Onontagués, il cui corpo era ornato da ben sette ganci o uncini e i suoi capelli erano pieni di serpenti vivi. Allora Dekanahouideh disse al suo discepolo «tu d’ora in poi porterai il nome di Hiaouatha (Hiawatha, in gergo inglese) cioè Colui che pettina, perché pettinerai i capelli di Atotarho per sbarazzarlo dei serpenti».
    Hiaouatha fece dapprima da portavoce a Dekanahouideh [secondo l’interpretazione di William Dewaserage Loft d’Ohsweken] il nome significa «Doppia fila di denti» e questo spiegherebbe perché il maestro e l’allievo si separarono. 


Anche nel meraviglioso mondo dei fumetti avvengono dei miracoli. Lo sceneggiatore Marcell Navarro forse proprio suggestionato dalla leggenda di  Dekanahouideh, fa compiere un volo prodigioso al Grande Blek sulle tuonanti acque delle cascate Niagara con la complicità del disegnatore Jean-Yves Mitton.

   Poi Dekanahouideh si recò presso la nazione dei Caniengas o dei Silex, parola che indica la selce (gli Agniers o Mohawk). Il suo messaggio di pace e di potere attirò molti aderenti, ma gli scettici pretesero un segno. Per soddisfarli, Dekanahouideh scalò un alto albero sul bordo di una scogliera che domina il fiume detto la rivière des Hollandais. Disse loro di abbattere l'albero in modo che potesse trascinarlo nelle rapide. Se fosse sopravvissuto, avrebbero saputo che stava dicendo la verità; gli Agniers o Mohawk allora abbatterono l’alto fusto che piombò nel fiume e scomparve fra le rapide. Ma più il tempo passava e più il messaggero del Grande Spirito non si faceva vedere… Afflitti gli Agniers tornarono al loro villaggio. Eppure  il mattino seguente fu visto un filo di fumo sulla riva vicino al punto dove Dekanahouideh era affogato.  E il Messaggero Celeste fu visto seduto tranquillamente accanto al suo fuoco mentre pranzava. Gli Agniers o Mohawk, dopo questo prodigio si riunirono  tra loro e accentarono il suo messaggio e da quei giorni furono annoverati tra i fondatori della confederazione irochese.
   Arrivato Hiaouatha, gli Agniers adottarono i due uomini. Cantando un inno di pace «Alla grande pace portiamo i nostri omaggi […]» maestro e allievo con altri discepoli si diressero a ovest, nel paese degli Onneiouts, buoni amici degli Agniers. Questi non solo accettarono il nuovo messaggio, ma partirono al loro fianco. Nel loro cammino evitarono gli Onontagués, tenuti sotto lo spietato dominio di Atotarho, e si recarono dagli Goyogouins, che si unirono a loro e tutti insieme entrarono nella terra dei Tsonnontouans o Seneca.
   Qui trovarono un primo dissenso da parte di un gruppo di Tsonnontouans che non volevano accettare la « Buona novella», e Dekanahouideh si vide forzato a compiere un altro miracolo dopo quello della canoa di pietra. Narra la leggenda che al suo comando «il sole scomparve e regnò l'oscurità completa». A questo prodigio tutti gli Tsonnontouans chinarono il capo e divennero suoi discepoli. 


Colombo e l'eclissi di luna
    Questo miracolo aiuterebbe a inquadrare gli anni in cui si svolsero i fatti.  Secondo i calcoli astronomici di un certo Theodor von Oppolzer, ed esposti nel suo libro Canon der Finsternisse stampato a Vienna nel 1887, fu visibile un'eclissi totale di sole nella terra degli Tsonnontouans, nel 1451. Una data particolare, situata molto vicino a quella in cui Colombo, nel corso del suo viaggio del 1504 sfruttò anch’egli – senza essere un messia – un’eclissi per spaventare gli indigeni e ottenere da loro oro e obbedienza.
   Oramai risoluti e galvanizzati, i guerrieri delle quattro nazioni [Quatre-Nations] marciarono compatti contro Atotarho che viveva nell’«antro dei giunchi» nei pressi del lago Onondaga e che i discendenti delle popolazioni locali situano sull'attuale terreno dell'Università di Syracuse.
    Data la minaccia che Atotarho aveva davanti, accettò l’offerta di pace e si unì alla nuova alleanza e Hiaouatha, servendosi di un pettine, riordinò tutti i suoi capelli, sbarazzandoli così dei numerosi serpenti che vi alloggiavano.


   Dopo di questa vittoria, Dekanahouideh «piantò l'Albero della Pace», un grande pino bianco con radici anch’esse bianche e «sane», le quali si estendevano ai quattro angoli della terra per guidare gli uomini che, in qualunque luogo fossero, desideravano tornare indietro alla fonte della pace. E sopra l'albero vi fece stazionare «l'aquila che vede lontano», un simbolo di preparazione militare, per avvisare il suo popolo di un pericolo imminente. Al di sotto dell'albero, aprì una grotta in cui vi gettò le armi da guerra. Infine posò delle corna sulle teste dei 50 capi che rappresentavano le Cinque Nazioni (i cui nomi dovevano diventare i nomi dei capi che a loro avrebbero seguito) e consegnò loro il testo della «grande legge», vale a dire la costituzione delle cinque nazioni.
   Per ultima cosa invitò altre nazioni a sedersi con lui sotto l'Albero della Pace. Raccomandò ai capi di far prova di pazienza: «Dovete avere una pelle di sette pollici di spessore al fine di sopportare le punture dei vostri nemici». Li supplicò di rimanere saldi se fossero venuti i giorni infausti. Se un forte vento (la guerra) avesse sradicato l'Albero della Pace, avrebbero dovuto cercare un grande olmo di palude per ricostruire la confederazione sotto la sua ombra. Se mai avessero giudicato che la lega fosse in pericolo estremo, essi avrebbero dovuto come disse loro «gridare il mio nome nella boscaglia e tornerò».
   Una volta compiuta la sua opera o forse dovremo dire missione, Dekanahouideh si separò dalla sua gente.



   Attualmente la confederazione porta il nome ufficiale di Kayanerenh-kowa (la Grande Pace), ma è anche nota come Kanonsionni (la capanna lunga), un termine che riflette sia la sua estensione geografica che la sua forma costituzionale. La lunga cabina in stile irochese, costruita con tronchi e corteccia, con una lunghezza di almeno 80-100 piedi. Qui diverse famiglie dello stesso lignaggio la occupavano, ciascuna nel suo appartamento con le mura di corteccia, con il suo caminetto e tutte sotto la direzione della matrona più anziana.  Le donne infatti erano molto venerate nella vita irochese e la loro condizione non era inferiore a quella degli uomini. Non solo la successione era fatta dalle donne, ma erano le matrone delle famiglie che detenevano i titoli dei capi e avevano il potere di nominare i capi civili e, se questi fallivano nel loro dovere, potevano revocarli, ovviamente, sempre consultandosi con i capi titolari e con i "guerrieri e le donne", cioè il popolo in generale.
 

Un uomo, una donna e un neonato irochese, in un’immagine tratta da pinterest che ricorda molto da vicino i disegni della esseGesse, creatori del Grande Blek e del comandante Mark, ambedue ambientati nella regione del grandi laghi come l’Ontario.


   La leggenda di Dekanahouideh, venne tramandata oralmente, e vi sarebbero dei manoscritti il più antico dei quali, è quello ad opera di Seth Newhouse, redatto nella riserva delle Sei Nazioni (con traduzione inglese) risalente al 1885.

Fonti:

Marco Pugacioff
va agli

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